Ricorsi attivi-Avv. Licata
Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato dallo Studio Legale Licata, per l’annullamento del decreto con cui Ministero della salute ha disposto che «il riconoscimento del titolo di “Técnico Superior en Higiene Bucodental” (IGENISTA DENTALE) conseguito all’estero in particolare in Spagna e rilasciato da “ILERNA Centro Integral de Formación Profesional” … alla ricorrente… è subordinato al superamento da parte della richiedente, di una misura compensativa, che si dovrà articolare, a scelte della richiedente o in una prova attitudinale nelle seguenti discipline (totale crediti da compensare n. 133) … o in un tirocinio di adattamento della durata di ventisette (27) mesi con formazione complementare negli stessi ambiti disciplinari sopra indicati».
La ricorrente, aveva seguito il corso di due anni presso la scuola online spagnola Ilerna con sede in Milano, per ottenere il titolo di “Técnico Superior en Higiene Bucodental”.
Volendo usufruire del diritto di stabilimento di cui all’art. 49 TFUE, così da esercitare in Italia la corrispondente professione sanitaria di Igienista dentale, ha avanzato al Ministero della Salute istanza di riconoscimento della qualifica professionale conseguita in Spagna, ai sensi e per gli effetti della Direttiva europea.
Tuttavia a seguito della predetta richiesta – con decreto - il Ministero della Salute aveva subordinato al riconoscimento in Italia del suddetto titolo una misura compensativa consistente o in una prova attitudinale consistente in 14 materie, ovvero in un tirocinio della durata di 27 mesi.
Lo Studio Legale Licata, ha impugnato il predetto Decreto, per violazione del principio di proporzionalità, difetto di motivazione e violazione di legge.
Ebbene, la Sezione Terza quater del Tar del Lazio, - seguendo l’argomentazione proposta dallo Studio Legale Licata - ha accolto il ricorso, disponendo l’annullamento del predetto decreto.
Tale decisione, ha consentito alla ricorrente di aver riconosciuto il titolo professionale conseguito all’estero di Igienista Dentale, senza dover svolgere alcuna ulteriore attività compensativa illegittimamente disposta dal Ministero della Salute.
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Con ricorso al Tar del Lazio lo studio legale dell’avv. Gabriele Licata, ha impugnato la Determina dirigenziale recante i verbali degli accertamenti sanitari, per i quali la ricorrente veniva dichiarata “inidonea” all’ammissione di 100 giovani ai “Licei annessi alle scuole Militari dell’Esercito” “Nunziatella” e “Teulié” per l’anno scolastico 2021-2022.
A seguito della verificazione, veniva effettuata la visita della ricorrente presso la sede dell’aeronautica Militare di Roma.
Ebbene, il Tar del Lazio, a seguito del ricorso dell’avvocato Licata, stabiliva che: “Rilevato che, con relazione del 31.8.2021, depositata dall’organo verificatore in data 1.9.2021, risulta acclarata l’idoneità sanitaria della candidata alla procedura concorsuale e conseguentemente ammette la candidata “con riserva” ed “in soprannumero” a frequentare le lezioni.
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Importante vittoria dello studio legale Licata, sull’applicazione dell’art. 10 bis.
Sentenza n. 00694/2021 Tar Sicilia Palermo del 25 febbraio 2021
Nei procedimenti attivati ad istanza di parte e destinati a sfociare in un provvedimento negativo, a causa di motivi ostativi all’accoglimento della domanda, il legislatore ha previsto all’art. 10 bis della legge 241/90, che regolamenta il procedimento amministrativo, uno strumento, al fine di consentire al privato di poter partecipare all’adozione dell’atto amministrativo che lo riguarda, con la presentazione di memorie entro il termine di 10 giorni dalla notifica del preavviso di diniego.
Ma cosa succede, nel caso in cui l’Amministrazione notifichi all’istante un provvedimento negativo definitivo, senza notificare prima, il preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10 bis della legge 241/1990?
Ebbene, sul tema del mancato “preavviso” l’art. 10 bis della legge 241/1990 stabilisce che: “nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti”.
La Sentenza del TAR Sicilia Palermo n. 00694 del 25 febbraio 2021, stabilisce un importante principio in tema di violazione dell’art. 10 bis della legge n 241/1990, annullando la determina del 19 settembre 2019 con cui il Responsabile del procedimento ed il Capo Area/Dirigente ad interim del Servizio Suap – Area dello Sviluppo Economico del Comune di Palermo - hanno archiviato l’istanza per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, presentata dalla ricorrente in data 19 giugno 2019, ritenendola inammissibile.
In particolare, nel caso di specie il Tar di Palermo, ha ritenuto fondato il ricorso e la censura con la quale il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art.10 bis l. n. 241/1990, che trova applicazione anche nei procedimenti di sanatoria, con la conseguenza che “deve ritenersi illegittimo il provvedimento di diniego dell’istanza di permesso in sanatoria che non sia stato preceduto dall’invio della comunicazione di cui al citato art. 10 bis, in quanto preclusivo per il soggetto interessato della piena partecipazione al procedimento e dunque della possibilità di uno apporto collaborativo, capace di condurre ad una diversa conclusione della vicenda.”
È proprio quanto sancito dalla citata sentenza la ratio della norma di cui all’art. 10 bis e cioè, porre l’interessato nella piena partecipazione del procedimento e, dunque, nella possibilità di un apporto collaborativo, capace di condurre ad una diversa conclusione della vicenda, cosa che non è avvenuta nella citata vicenda, per la quale il Tar di Palermo, ha condannato il Comune di Palermo, considerato che, lo scrivente avvocato, ha dedotto la violazione dell’art. 13, comma 4 delle NTA e dell’art. 34, comma 2 del D.P.R. n. 380/2001, "che l’omissione di tale comunicazione le ha precluso la possibilità di fornire un apporto documentale tale da indurre l’Amministrazione ad un differente esito della procedura ed il Comune di Palermo non ha dimostrato in giudizio che il provvedimento impugnato non avrebbe potuto che coincidere con quello impugnato".
Pertanto, il Tribunale Amministrativo Regionale Per la Sicilia di Palermo, accoglie il ricorso deciso in camera di consiglio il giorno 27 gennaio 2021.
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Il presente ricorso è rivolto a tutti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, in particolare a militari, forze armate e di polizia che abbiano presentato un'istanza con n. di protocollo e data, presso la propria amministrazione.
La sentenza in commento, n. 569/2020 del Tar di Palermo merita particolare attenzione, poiché consente al privato, dipendente di una pubblica amministrazione, che ha presentato un’istanza alla Pubblica Amministrazione di avere un provvedimento certo entro un tempo ragionevole stabilito.
Nel nostro paese, ci si lamenta spesso delle lungaggini della burocrazia e dei tempi biblici delle Amministrazioni, per adempiere alle richieste del cittadino che abbia presentato istanza ad un' Amministrazione.
Molti cittadini e dipendenti delle P.A. sconoscono che l’art 2 l. 241/90 stabilisce che “Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso”.
Ebbene, le Amministrazioni dello Stato, quando sono chiamate ad adottare un provvedimento, a seguito di un’istanza, hanno il dovere di concluderlo, entro un tempo ragionevole e preciso.
Come vedremo nel caso di specie, le Amministrazioni citate sono state condannate per non aver posto in essere un provvedimento entro il termine stabilito dalla legge, nei confronti di un agente della polizia penitenziaria, il quale aveva chiesto il riconoscimento della causa di servizio.
Le forze dell’ordine ed i militari, sovente, per l’esercizio della propria attività lavorativa subiscono incidenti o vanno incontro a malattie.
Quando ricorre ciò, militari, Polizia, Guardia di Finanza, Carabinieri, Polizia Penitenziaria, Vigili del Fuoco ecc…, entro sei mesi dall’infortunio o dalla conoscenza della malattia, presentano alla propria Amministrazione un’istanza per il riconoscimento della causa di servizio.
Da tale momento, l’Amministrazione dovrebbe adottare un provvedimento espresso entro un termine stabilito.
Spesso i militari e le forze armate, da tale istanza, si vedono (o non si vedono) riconosciuta la causa di servizio dopo diversi anni, addirittura dopo ben 8 anni in alcuni casi.
Il nostro studio legale, dall’istanza di causa di servizio, in poco tempo, entro e non oltre un anno e mezzo circa (in base al Tribunale Amministrativo di riferimento del ricorrente), riesce ad ottenere l’adempimento della causa di servizio, come nel caso in esame, a costi contenuti per il ricorrente.
A tal proposito, è dato rilevare che, come nel caso in esame, in tema di illegittimità del silenzio mantenuto dai Ministeri della giustizia e dell’economia e delle finanze sull’istanza avanzata il 17 gennaio 2018 dal ricorrente finalizzata a ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e la corresponsione dell’equo indennizzo per infermità contratte durante lo svolgimento della propria attività lavorativa, si è pronunciato Il Tribunale Amministrativo Regionale di Palermo
In particolare, l’assistente capo coordinatore del corpo della Polizia Penitenziaria, in servizio alla casa di reclusione -OMISSIS-, chiedeva l’accertamento, dell’illegittimità del silenzio mantenuto dai Ministeri della giustizia e dell’economia e delle finanze sull’istanza avanzata il 17 gennaio 2018 e integrata il 30 aprile 2018 per la violazione dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e del D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, finalizzata a ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e la corresponsione dell’equo indennizzo per infermità contratte durante lo svolgimento della propria attività lavorativa.
Il TAR di Palermo, nella specie ha accolto il ricorso del ricorrente, atteso che i Ministeri resistenti non hanno riscontrato l’istanza avanzata dal ricorrente, così violando l’obbligo generale (art. 2 L. n. 241/1990) gravante su tutte le pubbliche amministrazioni di concludere, mediante l’adozione di un provvedimento espresso, i procedimenti (qual è quello in esame) che conseguono obbligatoriamente a un’istanza.
Invero il Giudicante, ha dichiarato l’illegittimità del silenzio mantenuto sull’istanza e ordinato al Ministero della giustizia e al Ministero dell’economia e delle finanze di provvedere (positivamente o negativamente), ciascuna per la parte di competenza, entro il termine di trenta giorni decorrenti dalla notifica o comunicazione della sentenza.
Infine il TAR, data la perdurante inerzia, su richiesta di parte, ha nominato un commissario ad acta, affinché provveda in via sostitutiva nei successivi trenta giorni.
Dunque, il ricorrente aveva presentato la propria istanza per il riconoscimento della causa di servizio in data 30 aprile 2018, rivoltosi al nostro studio legale, ha ottenuto una sentenza di accoglimento in data 6 marzo 2020.
Pertanto, dopo meno di due anni, la Pubblica Amministrazione dovrà eseguire il provvedimento entro 30 giorni e il ricorrente potrà in breve tempo avere un provvedimento sulla sua istanza.
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